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Riabilitazione post-intervento di riallineamento femoro-rotuleo

La sindrome femoro-rotulea è un’alterazione morfo-funzionale che determina dolore anteriore al ginocchio

Il sistema femoro-rotuleo funziona in modo tale che la rotula scorre all’interno di una gola scavata nella parte distale del femore, le ossa scivolano una sull’ altra grazie ai rivestimenti cartilaginei e sono guidate da alcuni gruppi muscolari. Quando il sistema va in blocco è perché insorge un aumento di pressione su una di queste componenti con conseguente insorgenza di dolore e nei casi più gravi instabilità che porta a episodi di fuoriuscita della rotula. La maggior parte dei casi di sindrome femoro-rotulea viene curata tramite un programma personalizzato riabilitativo, mentre l’intervento chirurgico è riservato solo ai casi più gravi. Per la diagnosi ci si avvale dei soliti strumenti diagnostici come: raggi x, TAC o risonanza magnetica.

L’unica reale motivazione per eseguire l’intervento chirurgico è una forte instabilità rotulea caratterizzata da lussazioni abituali della rotula.

Riallineamento rotuleo:

L’intervento rotuleo viene scelto nei casi in cui la congruenza tra rotula e troclea crea una sintomatologia dolorosa persistente, questo tipo di condizione non è trattabile fisioterapicamente.

L’ intervento consiste in una prima fase artroscopica, durante la quale si analizza la sezione del legamento laterale della rotula e si trattano eventuali lesioni cartilaginee rotulee. Successivamente, attraverso una piccola incisione si stacca la tuberosità tibiale anteriore e si inserisce il tendine rotuleo. Il fissaggio della TTA (tuberosità tibiale anteriore) avviene tramite due viti metalliche che solitamente non vengono rimosse. In casi particolari, la gravità del disallineamento rotuleo necessita l’aggiunta di una modifica nel tendine del muscolo vasto mediale.

Esercizi, programmi e criteri per la riabilitazione post-riallineamento rotuleo

A seconda del decorso dell’intervento, il processo di guarigione può variare in base a vari fattori in un ampio periodo di tempo, quindi è impossibile definire la durata della riabilitazione.

Il percorso riabilitativo, dopo la cura in ospedale della fase acuta, può essere suddiviso in tre fasi:

  • Fase I

Anche detta fase post- primaria, la fase uno è rappresentata dalla cura dell’infiammazione ed una fase iniziale di proliferazione

  • Fase II

Si procede con la riabilitazione ambulatoriale

  • Fase III

Stabilizzazione del risultato riabilitativo e riappropriamento delle attività quotidiane e sportive

Per aiutare a velocizzare il recupero del paziente, la tecnologia mette a disposizione molti elettromedicali di cui avvalersi, ovviamente devono essere indicati dal parere di un fisioterapista. Possono essere:

  • elettrostimolatori
  • magnetoterapia
  • recupero attivo e propriocettivo del muscolo
  • drenaggio linfatico
  • tecarterapia
  • laserterapia
  • elettroterapia
  • ultrasuonoterapia

Dopo il trattamento chirurgico, quindi durante il periodo di immobilizzazione si possono iniziare alcuni esercizi isometrici per il femore. Ad eccezione dei pazienti meno giovani i quali devono seguire un percorso di riabilitazione lento e progressivo.

Il paziente dovrà eseguire degli esercizi di mobilità e di rafforzamento femorale e nelle prime fasi sarà utile aiutarsi con alcuni strumenti come:

  • elastici
  • elastici con cavigliere
  • terapia in acqua
  • bicicletta
  • pesi per caviglie
  • kettlebell
  • tavolette propriocettive

Durante la fase di immobilizzazione bisogna eseguire esercizi di mobilità per tutte le zone limitrofe al trauma senza interessarlo direttamente. Questi esercizi migliorano la circolazione e favoriscono la mobilità delle articolazioni che non sono interessate dalla patologia ma che inevitabilmente frenano la loro mobilità.

Alcuni esempi di esercizi dopo l’operazione al femore, nella prima fase di protezione sono:

  1. contrazione isometria del quadricipite, contro resistenza
  2. contrazione isometrica dei glutei e del bicipite femorale, contro resistenza
  3. utilizzo di stampelle in scarico
  4. esercizi propriocettivi in scarico

Dopo 1-2 settimane di questi esercizi, si può passare ad alti tipi un po’ più aggressivi ma sempre senza utilizzare pesi:

  • sollevamenti a gamba tesa di tutto l’arto inferiore, da supini
  • sollevamenti a gamba tesa di tutto l’arto inferiore, in decubito laterale
  • esercizi di rafforzamento isometrici da seduto, senza cavigliera
  • utilizzo di stampelle con carico stabilito dal medico
  • esercizi propriocettivi con cario minimo

Successivamente la fase di immobilizzazione si passa agli esercizi standard, che di solito iniziano verso la terza-quarta settimana e prevedono perlopiù esercizi di stretching, i quali vanno a rinforzare la rotazione dell’anca e il muscolo piriforme:

  1. stretching ai glutei
  2. stretching degli adduttori
  3. stretching del piriforme
  4. stretching dei flessori dell’anca
  5. flessione passiva del ginocchio
  6. flessione passiva dell’anca

Una volta aver raggiunto l’obbiettivo di due settimane di esercizi di stretching e mobilità attiva si possono aggiungere altri tipi di esercizi iniziando, anche, a caricare un minimo di peso se si dispone di cavigliere ed elastici:

  • Esercizi di flessione del ginocchio con resistenza
  • Esercizi di flessione dell’anca con resistenza
  • Esercizi di estensione del ginocchio con resistenza
  • Esercizi di estensione dell’anca con resistenza
  • Squot isometrici e poi isotonici
  • Affondi isometrici e poi isotonici
  • Corsa da fermo

Questi sono solo una piccola parte di consigli e strade terapeutiche da poter percorrere. La difficoltà e i tanti fattori che possono incombere fanno sì che non sia possibile standardizzare un programma di trattamento se non “ritagliandolo e cucendolo addosso” al paziente.

Per un programma di recupero efficace dopo un intervento di riallineamento femoro-rotuleo è tassativamente consigliato rivolgersi ad un personale qualificato

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