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La protesi inversa di spalla: tutte le risposte alle vostre domande

Cos’è la protesi inversa di spalla e quando serve?

La protesi inversa di spalle è una protesi “montata al contrario”, e funziona sfruttando un meccanismo inverso rispetto alla protesi anatomica di spalla, infatti, attiva il movimento grazie alla forza del deltoide. Questa protesi fu concepita dal Prof. Grammot e la sua caratteristica è che la parte concava (inserto) viene adattata allo stato omerale mentre la parte sferica costituisce l’impianto scapolare (glenosfera)

La protesi di spalla è fondamentale quando le strutture tendinee non sono più presenti o nei casi in cui la cuffia dei rotatori è degenerata così tanto da presupporre una lesione irreparabile. Inoltre, negli ultimi anni questa protesi si è estesa anche per chi soffre di grave artrosi alla cuffia dei rotatori e che quindi presentano frequentemente lesioni o cedimenti alla cuffia.

Come funziona la protesi di spalla inversa?

La protesi di spalla inversa funziona in modo tale da modificare la posizione del centro di rotazione dell’articolazione gleno-omerale, andando così a migliorare numerosi aspetti biomeccanici: il centro di rotazione è abbassato, allungando così il deltoide e migliorandone il momento d’azione tramite l’allungamento delle sue fibre. Quindi, in pratica il principio di questa protesi è di compensare la carenza funzionale della cuffia dei rotatori, ottimizzando la funzione deltoidea e formando un braccio di leva.

Esiste un limite di età minimo e massimo per la protesi?

La protesi inversa viene installata nei pazienti con età oltre la settantina e la durata dell’impianto non supera i 10 anni. Al termine di questi 10 anni si può richiedere un intervento di revisione o sostituzione della protesi. In alcuni casi è possibile anche impiantare la protesi a pazienti sessantenni, qualora non esistano alternativa per ripristinare la funzionalità della spalla e il dolore è limitante per la qualità della vita.

Quali sono i modelli di protesi inversa di spalla?

Le protesi attuali si differenziano non solo sui materiali, ma anche sui parametri geometrici: inclinazione del collo omerale, diametro e spessore della glenosfera, curvatura dell’inserto, lunghezza dello stelo omerale.

Il modello originale di Grammot prevede una componente omerale medializzata e un inserto metafisiaro che si inserisce a livello dell’osteotomia del collo a 155° di inclinazione. Questo modello è definito “modello inset). Per aumentare ancora il braccio di leva del deltoide, è stato sviluppato un modello di protesi con una componente omerale che si “poggiava” sull’osteotomia del collo dell’omero e questo è definito “modello onset”. Inoltre, più recentemente, per dare una maggiore stabilità alla protesi sono stati ideati modelli con componente glenoidea lateralizzante. Infine, in alcuni casi, è possibile usare una protesi inversa di spalla a stelo corto “mininvasiva” dove l’ingombro del metallo all’interno dell’osso è ridotto. Quest’ultima protesi, oltre a diminuire il sanguinamento durante l’intervento, permette di risparmiare tessuto osseo che potrebbe essere utile successivamente. Per scegliere il modello giusto è fondamentale uno studio del problema e una TAC così da valutare l’anatomia dell’osso

Dopo quanto tempo, si recupera la funzionalità della spalla?

La protesi inversa di spalla è considerata un impianto facile da recuperare, se la tecnica chirurgica viene effettuata in modo corretto è possibile muovere l’arto subito dopo l’intervento. La mobilizzazione può essere effettuata con l’aiuto di un fisioterapista. Inizialmente sarà utile un tutore, da utilizzare per circa un mese e infine il recupero può considerarsi completo già dopo il secondo mese, in cui molti pazienti sono già in grado di alzare il braccio sopra la testa.

Cosa posso fare con la protesi inversa alla spalla?

La protesi inversa fornisce un grande sollievo dal dolore e i pazienti sono molto soddisfatti. Per quanto riguarda i movimenti, il risultato è sempre influenzato dalle condizioni di partenza. Le attività che si possono fare sono:

  • nuoto
  • trekking
  • golf
  • biciletta
  • ballo liscio
  • sport a basso impatto

E non si dovrebbero fare cose del tipo:

  • spostare grossi pesi
  • usare utensili come zappe o vanghe
  • fare sport ad alto sforzo (calcio, tennis ecc)

Quali possono essere le complicanze?

Negli ultimi dieci anni l’utilizzo di questa protesi è aumentato moltissimo, e quindi sono aumentate anche le complicanze. Le più frequenti riguardano:

lussazione ed instabilità della protesi inversa: in tal caso è sufficiente un trattamento conservativo con riduzione della lussazione e un tutore da portare qualche settimana.

rigidità e deficit di forza: potrebbero svilupparsi aderenze cicatriziali che limitano il movimento della protesi. In tal caso basta un percorso mirato con un fisioterapista.

Infezione: l’infezione può verificarsi sopra la ferita o in maniera più profonda attorno alla protesi. Può accadere, durante l’ospedalizzazione oppure dopo, quando si va a casa. L’infezione può anche verificarsi dopo anni dall’intervento chirurgico di protesi. Qualsiasi infezione del corpo anche distante dalla spalla (ascessi dei denti, infezioni delle vie urinarie…), può diffondersi e arrivare fino alla protesi di spalla. Infezioni localizzate nella zona della ferita sono generalmente trattate con antibiotici. Le infezioni che riguardano la spalla sono spesso dovute a germi “a bassa virulenza, che possono manifestarsi quindi con sintomi lievi; situazioni quali arrossamento della cute, presenza di tumefazioni locali, persistente lussazione della protesi, dovrebbero porre il dubbio di infezione.

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